AMBIENTE  

Lo scarso senso critico -e autocritico- che caratterizza la popolazione italiana ha pesanti conseguenze anche nei confronti della variabile ambiente: questo viene generalmente inteso come una entità da sfruttare e spremere per trarne il massimo vantaggio in termini economici, senza pensare a quel che resta alle future generazioni; per queste, è certo, ci saranno tante occasioni di lavoro, per cancellare danni guasti inquinamenti devastazioni e quant'altro oggi viene realizzato in linea con l'ottica del massimo e immediato profitto. In ossequio a questo principio, poi, non si dà corso a opere indispensabili per la sicurezza del territorio, che tra l'altro potrebbero creare occasioni di lavoro in momenti di "crisi" come ora, solo perché i benèfici effetti non si vedono subito, ma nel lungo periodo, a distanza di decine di anni o anche secoli. Quanto sia sciagurato (nel senso che porta sciagure) questo procedere, è apparso evidentissimo in occasione dello straripamento dei fiumi nella pianura del Veneto, il I novembre (2010), fatto che si ripete ad ogni "brentana" in tutte le regioni.  La regolamentazione dei fiumi veneti è stata effettuata prima di due secoli e mezzo fa, dalla "Serenissima" repubblica di Venezia. Da allora semplice manutenzione e interventi per tappare i buchi. Nel 1966 un'alluvione di dimensioni maggiori aveva dato utili indicazioni sulle opere da realizzare per impedire il ripetersi di situazioni analoghe: il tempo c'era (passati più di 40 anni), i progetti realizzati; i fondi stanziati, ma sicuramente sono stati dirottati verso opere più "visibili" dagli elettori, e ben poco è stato fatto: le conseguenze sono sotto i nostri occhi. Ma per convincere meglio gli elettori, trattati (spesso lo meritano) a pesci in faccia, si è tanto sparlato di altri tipi di sicurezza!

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