Alberi e altre piante

Il rapporto dei nostri antenati con gli alberi presentava due aspetti contrapposti: da una parte le piante andavano eliminate per far spazio al prato (davano anche qualche denaro ricavato dalla vendita di legna preziosa per un po' di tepore negli inverni molto più freddi degli attuali. Nelle case del paese l'unica stanza "riscaldata" era la...stalla; e, per "godere le gioie di una volta", immaginate d'entrare nel letto a -10 gradi!); dall'altra fornivano la frutta, in tante situazioni risorsa fondamentale per la sopravvivenza della popolazione (vedi ad esempio il moronèr, varietà "selezionata" di castagno). Gli alberi come il castagno erano dunque oggetto quasi di venerazione, venivano accuditi e curati con attenzione. La fine della "civiltà contadina paesana" segnò anche la rovina e la fine delle foreste di moronèr che costituivano un ambiente artificiale creato dagli uomini per permettere a quell'albero le migliori condizioni di vita. Anche altri alberi da frutto hanno sofferto e sono in buona parte scomparsi in seguito all'abbandono delle antiche cure loro dedicate: ciliegi, perèr dale harpe, numerose varietà di peschi (tra questi ne ricordo una tardiva, con frutti a pasta color giallo vivo e intenso sapore).

 

Nomi di alberi

'Agher acero di monte, albero pioppo tremolo, arségol sorbo montano, avedìn abete bianco, bódola betulla, bolérfhen sorbo degli uccellatori, cassia robinia (da acacia, della stessa famiglia), castegnèr castagno, cornolèr corniolo, càrpen carpinofaghèr faggio, fhariesèr ciliegio, fighèr fico, fràssen frassino (orno e montano), làres larice, légn negrét frangola, maraschèr albero delle marasche,  marenèr albero delle amarene, morèr gelso, moronèr albero dei marroni, noghèra noce, noselèr nocciòlo, onèr ontano, péfh abete rosso, perèr pero, perseghèr pesco, pomèr melo, régol viburno, róre roverella, rùsta ginepro, saléff salice (da vimini e sàche),  sanbùc sambuco, sàngol sanguinello, susinèr susino, tàmer carpino bianco, téa/téi tigliovedésa salicone (gattici), viégol maggiociondolo.

 

 

Susìn veriòi e àmoi

Veriòi: varietà di susine assai piccole, bislunghe, di color rosso bluastro, dal sapore molto intenso; àmoi: dimensioni di una prugna, forma sferica, color lilla, gusto quasi assente.

 

I pér da le fhàrpe

Le pere delle vinacce  (pere di S. Martino)

 Varietà antica di pera, molto diffusa fino agli anni '70.  Raccolta nella prima metà di novembre, non era ancora adatta a esser consumata fresca: perché aspra e granulosa, se mangiata appena raccolta. Veniva così riposta in soffitta, sotto uno strato di fieno. Arrivava l'inverno e la frutta spariva dalle tavole: rimanevano solo le mele della varietà pόn dal fèr, e naturalmente i pér dale harpe. Questi maturavano gradualmente, diventando color cioccolata (oggi quasi tutti li considererebbero marci): erano eccellenti, e gli ultimi venivano consumati ad aprile.  Potevano essere utilizzati  subito dopo la raccolta, purché cotti: si usava poca acqua, che nella cottura si arricchiva del sapore dei frutti, ed era un'ottima bevanda, ancor più gustosa del frutto. Talvolta, se la quantità di pere dell'annata era notevole,  esse erano utilizzate , di solito assieme alle mele, per ricavarne vino. Il vino ottenuto da sole pere di questa varietà è molto dolce e assai frizzante: somiglia al moscato spumante, ma con gradazione alcoolica ancor più bassa.
La pianta (Perèr dale  harpe) è vigorosa, longeva e può raggiungere dimensioni notevoli. Ricordo un enorme Perèr dale fhàrpe che stava sulle Calnove, a 1 km circa da Porcen, sulla strada per il Tomatico: era davvero imponente e ricordava le forme di un Moronèr secolare. Negli anni '70-'80 del secolo scorso questi alberi maestosi di pero sono stati oggetto di una distruzione immotivata; i frutti non più attraenti, la legna che brucia bene, le caratteristiche del legno di pero, idoneo alla lavorazione per ricavarne sculture; ma soprattutto l'ignoranza o l'indifferenza  per la storia di queste piante, che hanno contribuito a lenire i morsi della fame in tempi duri: tutti questi fattori hanno contribuito all'annientamento di piante meritevoli di ben altro trattamento.
Il motivo del nome fharpe associato a queste pere (Ricordo che anche in fhàrpe l'intensità dell'aspirata "h" in fh variava da persona a persona)  non mi è chiaro: le fhàrpe sono le vinacce. E' possibile che queste pere (da cui, come si è detto, si può ricavare un vinello frizzante), una volta sminuzzate, venissero aggiunte alle vinacce per ricavarne un vin pìfhol più gradevole: di qui la possibile associazione pér-fhàrpe.   
Milena mi ha suggerito il motivo del nome "Per dale  harpe": queste pere venivano anche conservate nelle vinacce: oltre a rimanere sane acquistavano un sapore intenso.

 

 Bòtt, tàja

Bòtt ha anche il significato di pezzo di tronco, lungo uno/due metri, in cui lo stesso tronco privato dei rami (tàja) viene tagliato per facilitarne trasporto e movimentazione

 

 

Légn  sabuì

Legno "cotto": legno rimasto a lungo in luogo caldo-umido, e attaccato da funghi e muffe fino in profondità, tanto da perdere la consueta consistenza, tipica di un legno stagionato in ambiente secco. Il legn sabuì, anche se successivamente ben asciugato, perde la proprietà di essere buon combustibile o legno da opera. Una varietà che se sabuìss rapidamente, se lasciata in ambiente caldo-umido, è il faggio: tagliato a marzo, in autunno può già essere sabuì, dopo un'estate piovosa (gn=ñ come in legno)

 

Légn  canòstro

Legno di una pianta cresciuta in modo irregolare, con vena non diritta, ma avvolta a spirale. Una tavola, ricavata da tronco con questa caratteristica, si deforma quasi a formare un'elica

 

Ràsa

Resina

 

Fhócc

Ceppo. Fino agli anni '40 del secolo scorso i boschi venivano eliminati per far posto ai prati, soprattutto nelle aree più pianeggianti, e non solo vicino al paese, ma anche sui monti; qui venivano poi costruiti casoni e casere per monticare il bestiame nella buona stagione. Dalla eliminazione del bosco si otteneva legna, non solo dai tronchi, ma pure dalla parte interrata delle piante, radici e ceppaie: i pezzi di legno ricavati da queste avevano un potere calorifico particolarmente elevato, proporzionale alla grande fatica sopportata per ricavarli

 

Incalmàr

(Innestare)

 

El à ciapà

(Ha preso; si dice di una pianta trapiantata o di un innesto che ha attecchito)

 

Vàrda che toèra!  Vàrda che caponèra

Guarda che vegetazione aggrovigliata! Può trattarsi di qualunque tipo di vegetazione (viti, fagioli, kiwi -ci sono da poco a Porcen, qui sono un anacronismo-, ...) in cui il "lussureggiamento" abbia provocato abnorme sviluppo di rami e foglie delle piante e un loro aggrovigliamento.

 

Pèca de órs

Orma di orso; nome di un'erba (ombrellifera con foglie larghe e poco frastagliate: Heracleum sphondilium -Panace) le cui grandi foglie avrebbero la forma dell'impronta di orso; erba dal gradevole profumo, veniva ricercata e raccolta per darla a porci e conigli, di essa alquanto ghiotti.

 

 

Cantùghe, fhanocère

Nome generico per indicare le Apiacee (ombrellifere), in particolare le più infestanti e imponenti e a fiori bianchi, che si sviluppano di più nei terreni con eccesso di azoto; il fieno ricco di cantùghe è di pessima qualità

 

 

Erba restèla

Pastinaca urticante. Si tratta di un'ombrellifera, considerata infestante, che difficilmente raggiunge il metro d'altezza. Il fiore è giallo; ha la proprietà di provocare pustole e vesciche, quando viene a contatto con braccia o gambe.  "Esiste in natura una sottospecie urticante [Pastinaca sativa L. subsp. urens (Req. ex Godr.) Celak]  che provoca dermatiti da contatto e può essere responsabile, in soggetti particolarmente sensibili, di ustioni di 2° grado".  (www.funghiitaliani.it /index.php?showtopic=12257). E' frequente nel secondo taglio dei fieni; fiorisce a luglio

 

Salonfhìa

Acetosa (Rumex acetosa). Da ragazzi si masticava lo stelo morbido nella prima fase della crescita: il sapore aspro e acido leniva la sete

 

Lèngua de vaca

(Rumex obtusifolius) Romice con foglie dall'estremità ottusa, da cui il nome. Infestante nei campi

 

Slavàfh

Farfaraccio (Petasites officinalis e P. paradoxus). Le enormi foglie delle slavàfhe venivano usate per farne copri capo rinfrescanti; opportunamente sagomate (si univa tutto il bordo della foglia di fronte al picciolo, tenendolo stretto con la mano) servivano anche per raccogliere l'acqua che si beveva dal lato del picciolo; l'acqua bevuta da questi "contenitori" acquistava dalla foglia un gradevole sapore. Ho verificato che in altre località viene indicato con "slavazze" il Rumex alpinus, che ha in comune col farfaraccio solo l'ampiezza della foglia

 

Làtt de striga

Erba cipressina, un'euforbia infestante dei prati asciutti. Strappata, secerne un succo bianco velenoso, che sembra latte. Veniva affidato ai ragazzini il compito di estirpare le piantine di latt de striga, pericolosa anche per gli animali.

 

 

Berùliga (erbàfh)

Convolvolo. Erba rampicante, infestante, difficile da eliminare: ogni pezzetto delle lunghe radici bianche sopravvive ed emette germogli; quindi ogni fresatura del campo in cui è presente ne provoca un'ulteriore diffusione

 

Pecorìn

Ranuncolo comune (Ranunculus acris) Pianta delle ranuncolacee, quindi da evitare perché tossica, soprattutto allo stato fresco, anche dagli animali. Alta circa mezzo metro, le foglie basali con stelo, quelle sul gambo aderenti e tutte profondamente incise. Stelo resistente, si divide in alto in steli più sottili ciascuno con un piccolo fiore giallo.

 

Fiór dala bròsa

Fiore della brina: il  Colchicum autumnale, che sboccia agli inizi dell'autunno, e sembra annunciare la fine della stagione calda.

 

 

Léspa

Residuo dell'erba secca non tagliata, alla fine dell'inverno. Lo strato di léspa è più consistente dove cresce tanta erba i cui resti si accumulano anno dopo anno e,  con clima secco, favoriscono la rapida diffusione degli incendi

 

'Ndàr a radìci

Andare a cercar radicchi (denti di leone). Pochi giorni dopo lo scioglimento della neve, spunta nei prati il "taraxacum officinale", pianta prelibata e depurativa alla fine dell'inverno, quando  il fegato vien messo a dura prova  dai cibi sostanziosi, indispensabili a combattere il clima rigido

 

 

 

I radìci dal bón

I radicchi "domestici"; mentre radìci si riferisce ai Denti di leone, radìci dal bon indica le numerose varietà di cicoria

 

 

Che bèi spóndoi che tu à catà!

Hai trovato dei radicchi rigogliosi! Spόndoi sono radìci e radìci dal bόn  cresciuti in terreno profondo, con buona parte delle foglie tenere e bianche perché ricoperte dalla terra; più in generale, spόndol è un qualunque vegetale o fungo giovane, morbido e rigoglioso. Ho sentito un cittadino di Rasai chiamare spόndole (fem. di spόndoi) le rigogliose tettine delle ragazze

 

I fónc mati

(I funghi velenosi)

 

'Ndàr a bruscàndoi

Andar a cercare germogli di luppolo In aprile questi germogli del rampicante somigliante ai fagioli, vengono cercati lungo le siepi e usati in cucina per aromatizzare risotti e minestre

 

 

Fhiésa, fhiesόn

Siepe, cespuglio

 

Stròpacùi

I frutti della rosa canina. Sono ricchissimi di vitamina C

 

Ciùcia dét

Così erano definiti i fiori di caprifoglio, liana presente nei cespugli e nei boschi: fiori rosa-tenue ricchi di nettare, che venivano succhiati dai bambini, per sentirne il gusto dolce

 

 

Vidisόn

Vitalba  Specie di Clematis comune negli incolti, nei cespugli e nei boschi trascurati, arrampica rapidamente sulla vegetazione dando vita a grovigli inestricabili e arrecando degrado e danno al bosco: i fitti germogli e ramoscelli della vitalba si aggrappano al sostegno e lo soffocano. Le piante più vecchie si estendono anche per oltre 20 m; la parte iniziale del flessibile "tronco" del rampicante può arrivare, nelle piante maggiormente sviluppate, a un diametro di oltre 3 cm.

 

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