INSULTI

Molti detti popolari esprimevano astio e collera nei confronti dell'interlocutore oppure verso persone non presenti al momento dell'invettiva. I destinatari di questi "messaggi" erano per lo più i ragazzi: quello del linguaggio duro nei loro confronti, era un modo per tenerli sottomessi, pronti a obbedire nel massimo rispetto e senza  alcuna possibilità di critica o replica.

Tu  sé  indrìo  come ‘n  car  de rèfhe

(Sei arretrato come il carro delle spigolature (o delle vivande?); dopo la raccolta del fieno, ne rimane nel prato una piccola parte ("rèfhe" o più spesso "fregole"; a Rasai chiamate "spéle" ); il carro che raccoglie questi resti deve passare per ultimo, ovviamente! Secondo altra versione si tratterebbe del carro dei viveri. Viene detto a persona non aggiornata)

 

 

Tu   ghen   fa    tante   tafha   Bano

(Ne combini tante quante (ne combina) Bano.  Bano: chi sarà stato questo personaggio? Riferita, bonariamente, a ragazzi troppo vivaci)

 

 

Tu sé come  Bartoldo 

che  'l mostra  el   cul   pa   ‘n   soldo

 (Sei come Bertoldo, che mostra il culo per un soldo. Probabilmente si è fatto ricorso a Bertoldo per motivi di rima. Frase ben appropriata per gli esibizionisti di tutto il mondo)

 

 

Tu sé come el porfhèl de sant'Antoni

(Sei come il Maiale di S. Antonio; il maiale di S. Antonio abate vagava di casa in casa per farsi dare del cibo: il detto vien riferito a chi frequenta indistintamente tutti, cercando conforto e comprensione da ognuno)

 

Tu sé senpre drìo menàr el mors

(Sei sempre con le mandibole in azione; hai sempre qualcosa sotto i denti; come cavallo che continua masticare il morso)

 

La é senpre drìo léder el granotèl

(E' sempre a leggere il Grand Hotel; equivale a non ha voglia di far nulla di buono. Negli anni '50 il settimanale Grand Hotel fu il primo giornale con romanzi amorosi a fumetti e poi fotoromanzi, e trovò lettrici tra le giovani che sognavano il mondo descritto da quelle immagini; veniva indicato come causa di corruzione e messo all'indice, in particolare negli ambienti parrocchiani)

 

 

Tu sé senpre in giro come na fhésta róta

(Sei sempre qua e là come una cesta rotta. La cesta rotta viene spostata continuamente: manca il coraggio di rottamarla)

 

Tu me à tirà a fhiménto!  Tu me à tirà mostro

(Mi hai stressato! Mi hai messo alla prova duramente. Equivalgono in sostanza al seguente)

 

 

Tu me à fàt gnér làt ai cojóni

(mi hai rotto le scatole; e dopo tanto sbattere, ...)

 

 

Tu me fha pecà

(Mi fai pena)

 

Tu me fha sgrìfo

(Mi dai un "terribile fastidio"; ma la parola sgrìfo ha una ricchezza di significato tanto forte, da non trovare l'equivalente termine in italiano. La sensazione che si prova al suono acuto di una punta che striscia sulla lavagna, o all'idea di "toccare con mano" la lama di un rasoio)

 

Basc’iàn   dai  tre  quèrci!

(Bastiano dai tre coperchi: così veniva apostrofato chi (soprattutto ragazzo) combinava delle marachelle)

 

 

El  me é   ndàt   en   fhracór

(Mi è diventato antipatico, mi è andato di traverso)

 

El   é   ndàt en piàfha

(E' andato in piazza: è rimasto senza capelli. Testa liscia come una piazza)

 

Nol à tute le fhassìne al cuèrt

(E' fuori di senno, non ha tutte le "fascine" al riparo dal maltempo. Ricordata da Valerio)

 

 

Tu sé an magna-desméntega

(Rivolto a chi dimentica troppo in fretta: sei uno che mangia e dimentica. Forse perché, dopo aver mangiato a sbafo, non dimostra riconoscenza alcuna)

 

Tu sé an stracàn

(Sei mille volte cane; insulto piuttosto pesante. Il prefisso stra-  induce un superlativo)

 

Tu sé na canàja!

(Sei una "canaglia"! Non rappresentava, specie se detto a un ragazzino, grave offesa; equivalente a sei un furbacchione)

 

 

Tu sé an manegòldo, an lingéra

(Sei un poco di buono)

 

Tu sé an "caca béce"

(Sei uno che se la fa sotto, un "caga braghe". Caca béce viene preso dal linguaggio dei bambini, e significa "me la son fatta addosso", letteralmente "cacca nei pantaloni"; béce abbreviativo di braghesse=pantaloni)

 

Tu sé pién de fìsime

(Sei pieno di paure ingiustificate)

 

Tu sé an pedòcio refhàt

(Detto a chi, arricchitosi in fretta, si dimostra miserabile: sei un pidocchio” rifatto”)

 

Tu sé vindicóso

(Sei uno che si vendica. Detto  non tanto a chi ha sete di vendetta, ma a chi si intestardisce su una cosa)

 

Tu sé 'n menaròsti

Sei un "menarrosto", uno che si prende gioco delle persone

 

Tu sé 'n basapile

(Sei un fanatico (religioso), un bigotto)

 

Tu sé 'n canèr

(Sei un covone di canne di mais. Affermazione fatta per colpire il lato fisico ed estetico di una persona: il canèr ha forma piuttosto tozza)

 

Tu sé de na òlta

(Sei "di una volta", all'antica)

 

Tu sé 'n slambrofhón

(Sei uno che sparge fango; vien detto a persona incapace di realizzare qualcosa di valido. Somiglia ai detti seguenti)

 

Tu à fhàt an castrón

(hai fatto una cosa mal riuscita; equivale alle seguenti due)

Tu à fhàt an potàcio

Tu à fhàt an pòcio

 

 

El é 'n laóro fhàt ala pìncia-porfhèla

(E' un lavoro fatto alla maniera di un coito di maiala; un lavoro fatto male, senza alcun criterio. Pinciàr = aver rapporti sessuali. Equivale ai tre precedenti modi di dire "malfatto")

 

El par tajà do col fhèr da fhén

(Sembra tagliato col tagliafieno ("ferro da fieno"). Per significare cosa realizzata in modo approssimativo e grossolano)

 

Tu  béu come na lóra!

(Bevi come una "lora"; la lora è un grosso imbuto, in legno (in metallo o plastica in tempi più recenti), usato per travasare il vino nella botte, conformato in modo da adattarsi alla parte superiore della botte stessa)

 

 

Tu a ciapà 'na bèla scotàda  ('na bèla scòpola)!

(Hai preso una bella scottatura! hai preso una bella lezione)

 

 

Quànt àtu ondést?

(Quanto hai unto? quanto hai offerto o pagato per ottenere, corrompendo, quel che desideravi? όnder col significato di corrompere, forse perché un dono frequente ai potenti era rappresentato da un bel pane di burro)

 

 

No sta' stàr là come 'n fùss!

(Non stare lì come un fuso; non rimanere immobile e imbambolato come un fuso che gira solo su se stesso. Il fuso era uno degli strumenti (un altro: el cόrlo) utilizzati nella tessitura: vi erano piantagioni di canapa (el cànevo), da cui si otteneva, dopo la macerazione nei fòss, la materia prima per produrre le fibre con cui poi si tesseva)

 

 

Tu ól far chegàr el mussàt

anca se nol ghe n'à όja

(Vuoi costringere l'asino a cagare, anche se non ne ha voglia; vuoi spingere qualcuno a fare una cosa controvoglia)

 

 

Ti tàsi, che tu sé 'l chèga nìtt!

(Tu sta' zitto, sei il più giovane! Veniva detto al più piccolo dei fratelli; chèga nìtt come l'ultimo uccellino a lasciare il nido)

 

Storneléitu?

(Stai dando i numeri?  Forse perché gli storni (stornèi), in gruppi numerosi, compiono folli acrobazie nel cielo, per frastornare i rapaci e neutralizzare i loro attacchi)

 

Tu gira come 'n sghìrlo!

(Giri come una trottola! non se capace di star fermo un attimo)

 

Atu  'l   rebégol?

(Hai il rebégol? Rebégol è uno stato di massima agitazione, che impedisce all'interessato di star fermo anche un solo attimo; intraducibile)

 

 

Atu  magnà  la  léngua?

(Hai mangiato la lingua? si diceva a  bambino che, intimidito, non osava parlare; immaginate dopo questo "invito"!)

 

 

Atu sentìst co le réce del mastèl?

(Hai sentito con le orecchie del mastello?  Mastello: "recipiente di legno con due doghe sporgenti e bucate": queste erano le réce. Significato: non hai capito proprio niente! La persona cui era rivolto il sarcastico detto, rispondeva col seguente:)

 

 

O sentìst co le me réce!

(L'ho sentito con le mie orecchie! Non un "sentito dire", ma testimonianza diretta!)

 

 

Stà su co le réce!

(Sta' su con le orecchie: stai ben attento!)

 

 

La te bàt, ah!

(Ti batte, eh!, cioè "sei ben affamato!")

 

 

Pòrtelo dó da Frandìn

(Portalo giù da Franzìn: un tempo luogo di raccolta del ferrovecchio, nel cortile di via Fornère Pàze, a Feltre. Potrebbe assurgere a motto dei "rottamatori": equivale a  "liberati di questo rottame")

 

I sàss i màgna carne de cojón!

(Le pietre si nutrono di carne di coglione. La frase veniva detta, da un imprenditore dell'edilizia, ai dipendenti che si schiacciavano le dita manovrando pietre. Anche la beffa, oltre al malanno!)

 

El nome d’en  cojón

l’é scrìt  par ogni cantón!

(Il nome d'un coglione sta scritto in ogni angolo; dedicato a chi desidera il massimo di “visibilità”)

 

I é i càn che i mostra i cojóni!

(Sono i cani a  mostrare tutto, anche i genitali! Esprime disprezzo per chi, per apparire, è disposto a esporsi senza limiti)

 

Sto qua el conta tant fha el fhùchero téi cojóni

(Questo conta tanto quanto lo zucchero sui coglioni; non conta nulla, non serve a niente)

 

 

Va   in   móna! 

Equivalente a “vaffanculo” (Il destinatario di questo stizzoso invito spesso rispondeva:  "magari !")

    

 ... ma parla come che tu màgna!

 (Parla come mangi!  non fare il vantone, il bullo, parlando difficile e raffinato)

 

No   sta    romper  i  cojóni! 

(non rompere i coglioni)

No   sta    romper  i  brómboi!

(La seconda è una variazione più raffinata della precedente: i "bromboi"  sono i piccoli  frutti (sferici) del pruno)

 

No sta 'mpiénerme 'l cul de soprèssa!

(Non riempirmi il culo di salame! Non pensare di insaccarmi con le tue fandonie. Ricordata da Valerio)

 

Va  a sc’ióss  co  la  brìnfhia!

(Va a cercar chiocciole con la brìnqia: quest'ultima è un contenitore per fieno, costruito con stecche e vimini a maglia molto larga. Come dire  "piuttosto di star qui a dar fastidio, vai a fare una cosa inutile": ovviamente le chiocciole non possono rimanere in simile contenitore)

 

 

Tu  sé  na  fàcia da tòla!

(Sei una faccia di tavola; sei piatto come una tavola e quindi insensibile a qualsiasi evento)

 

Tu sé 'n strofhón;  tu va senpre a stròfh

(Sei un vagabondo; sei sempre in giro. Il termine strof(h)àr significa trascinare: forse 'ndàr a stròf(h)=farsi trascinare?)

 

Tu sé 'n sguindión

Equivale al precedente tu sé 'n strof(h)όn

 

Tu  sé an schegarón

Sei un bullo

 

 

Tu  sé  na  brónfha  cuèrta

(Sei un tizzone nascosto; sei ben diverso dall'apparenza)

 

 

Tu  sé na folìsca

(Sei un leggero fiocco di neve, un "peso piuma")

 

Tu  sé 'n baùco

(Sei uno sciocco)

 

Tu  sé 'n senèca

(Sei gracile, molto debole)

 

Tu  sé 'n papatàsi

(Sei uno che parla poco. Quindi un tipo inaffidabile, perché non si può sapere che cosa dirai quando aprirai bocca)

 

Tu  sé 'n limèga

(Sei uno schizzinoso)

 

Tu  sé 'n agudìn

(Sei un mariuolo)

 

Tu  sé 'n insemenì

(Sei uno stupido)

 

Tu  sé 'n póro gramo

(Equivale alla precedente; da gramo = meschino, deficiente)

 

Tu  à  el  cor  de  cornolèr 

(Hai il cuore di corniòlo:  il tuo cuore é duro come una pietra. Il legno di corniolo è sicuramente il più duro tra quelli degli alberi della nostra zona)

 

 

Tu   sé come fum sui oci

(Sei  come fumo negli occhi)

 

 

Tu ghen sa tant fa me nòno

(Ne sai quanto mio nonno; ignori la cosa, non ne sai proprio niente)

 

Tu   ghen  sa  na  pagina  pi  del   libro

(Ne sai una pagina più del libro. Equivale al contrario del precedente; questa però è più cattiva, piena di sarcasmo: in pratica come dire "sei un presuntuoso saccente" )

 

Tu sé lónch come l’an de la fan

(Sei lungo quanto l'anno della fame; l'anno successivo all'invasione del 1917 fu caratterizzato da una terribile carestia; per questo sembrava non finire mai. Si dice a chi, nei fatti o nei discorsi, va troppo per le lunghe)

  

 

Tu te fa onor  en  cardénfa

 (Ti fai onore senza averne merito. Cardenfa è il noto mobile, credenza)

 

 

Setu ‘ndàt fora cole càore?

(Sei uscito con le capre?; il senso è questo: stai dando i numeri? Sei impazzito?)

 

  

No  tu  se  bón  de  far

de  na  màn un  pùñ

(Non sei capace di fare di una mano un pugno; sei un buono a nulla)

 

  

Tu sé  ‘ndàt  a  Patràss

(Sei andato a Patrasso; sei andato in rovina)

 

 

Tu  canbia  pì  de  idéa

che  de  camìsa

(Cambi più frequentemente idea che camicia)

 

 

El  te  à costà  tre dét e na paura

(Ti è costato tre dita e una paura; l'hai rubato. Mentre si pronunciava "tre dét", venivano fatte roteare tre dita   -medio, indice e pollice- simbolo visivo del furto)

 

Poarét quel can che no pol chegàr, parché no 'l à magnà!

(Povero quel cane che non può cagare, perché non ha mangiato: viene detta a chi commisera persona che invece non merita alcun riguardo)

 

Ghe n'é 'n mussàt ngiafà, dó tela piàfha!

(C'è un asino congelato, in piazza! veniva detto a chi si lamentava per il freddo eccessivo)

 

Tu à la testa come 'n fóch de moronèr

(Hai la testa (dura) come un ceppo di castagno. Come il detto successivo, me l'ha richiamato alla memoria Fiorino)

 

Tu sé dur come el mussàt de Ponpèo

(Sei duro come il mulo di Pompeo. I muli sono universalmente riconosciuti come animali testardi e pure permalosi; Pompeo spronava il suo e lo incitava ad alta voce, quando lo conduceva a trainare tronchi: per tutta risposta il mulo si piantava, costringendo Pompeo a sgridarlo di più. E quello a piantarsi ancor più)

 

Testón d'en mahùc

oppure

Mahùia d'en mahujón

("Testone", testa di mazza  o:  Mazza, grande mazza!; insulto rivolto a chi si comporta stupidamente. Mahùc dovrebbe essere variante di mahùja, grosso martello per spaccar pietre, con lungo manico per moltiplicare l'energia)

 

 

Sé do cui e na braga

(Siete due culi e una (sola) braga; siete identici, siete una sola cosa)

 

 

No  sta  far  el  pass

pi  lónc  dela  gamba

(Non fare il passo più lungo della gamba!)

  

 

Dio e po quel che bàia!

("surrogato" di una delle più diffuse imprecazioni; talvolta usati, in luogo "de quel che bàia", "can-arin" e "can-panil")

 

 

 

 No tu sé bon de far na O

 gnanca col cul de un goto

(Non riesci a fare una “o” neanche col fondo di un bicchiere! Non sei capace di far nulla; recente, da Davide)

 

Ti tu à pissà e sugà!

(Tu hai pisciato e ti sei asciugato! Veniva rivolta a qualcuno ritenuto privilegiato, che aveva trovato tutto già pronto)

  

Tu sé forfesà

(Sei come le forbici Nel senso che "hai la lingua biforcuta e tagliente come le forbici"; la zia Pasqua accompagnava le parole con un gesto della mano: indice e medio venivano azionati in modo da simulare le forbici nell'atto di tagliare)

  

Tu sé revèrs come le tripe d'en mussàt (d'en mùl)

(Sei indisponente come le budella di un asino (di un mulo); revèrs = rovescio)

 

Tu όl star senpre par sóra come el òjo

(Vuoi sempre essere di sopra come l'olio; la vuoi sempre vinta tu)

 

 

Bàter la sèla par no bàter el cavàl

(Picchiare sulla sella per non picchiare il cavallo; inviare un messaggio per vie traverse)

 

 

Se càte quel che à inventà 'l laóro!

(Se trovo quello che ha inventato il lavoro...Me l'ha fatto tornare in mente Juri D, che ha incluso una versione simile tra le sue "citazioni preferite" in fb)

 

 

Fàte su le màneghe!

Fόra le màn dai guanti!

(Rimboccati le maniche  e  Fuori le mani dai guanti, col significato di:  Impegnati un po' di più, datti da fare)

 

 

El é un che 'l la trà co la bói

(E' uno che la butta (la pasta) quando (l'acqua) bolle: è un opportunista)

 

 

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