MOVIMENTI
E' trendy, da qualche tempo, chiamare non più "partito"
ma "movimento" le nuove formazioni politiche. Questo solo per motivi
mediatici, per dare l'impressione di qualcosa che sia dinamicamente nuovo. In realtà
anche dal punto di vista mediatico questa "astuzia" non è una novità; sono
ancora presenti alla memoria di tante persone "movimenti" non
recenti che hanno accompagnato più o meno a lungo la vita politica italiana:
Movimento sociale italiano, Movimento di azione cattolica, Movimento popolare
dei lavoratori...
Spesso questi nuovi movimenti sono impregnati di velleitarismo populista e,
nonostante si dichiarino apolitici, talora antipolitici, finiscono col
portar sostegno ai soliti partiti più "grossi".
Osservando con maggior attenzione e rigore le formazioni politiche (anche quelle
che si definiscono apolitiche ed antipolitiche), non solo in Italia ma in ogni
paese, si può operare una distinzione tra quelle che per tradizione sono
chiamate "partiti" (organizzazioni con posizioni precise e relativamente
omogenee riguardo anzitutto agli aspetti economici e sociali) e quelle che oggi
si autodefiniscono "movimenti", che in genere crescono attorno a personaggi che
hanno creato consenso con parole d'ordine "alla moda" in un particolare
frangente storico, ma prive di idee precise riguardo alle problematiche
riguardanti economia e società. Tipico di questi movimenti l'attacco e il
rifiuto di ogni "ideologia": questo chiaramente serve a nascondere l'assoluta
mancanza di un'idea partecipata e condivisa dai loro appartenenti. La
dipendenza dei movimenti stessi dal capo-fondatore li rende poi particolarmente
instabili, a rischio scissione poiché, appena qualcuno si distacca dalla linea
del capo, viene espulso.
Applichiamo questo modello (dicotomia partito-movimento) all'odierna (maggio '11)
situazione italiana. Il PD, i partiti del cosiddetto 3° polo (con Casini e Fini)
e i partiti a "sinistra" del Pd sono dei classici partiti fondati su posizioni
ben definite riguardo ai principi fondanti sociali, economici, etici.
Il PDL ha
posizioni ben definite riguardo ai fattori socio-economici, e tuttavia presenta
l'anomalia di un capo-fondatore con eccessivo potere, per natura accentratore, e per questo aspetto
tenderebbe ad avvicinarsi ai "movimenti". L'ondeggiare del PDL (ex FI, dove
il "movimentismo" era
evidente anche nel nome) fra le due posizioni, e la eccessiva
dipendenza da un capo carismatico, ne rendono assai precario l'equilibrio e il
rischio implosione è elevato; del resto anche in un partito alla sinistra del PD
come Rifondazione, che doveva essere "fondato" su precisi principi (chiamali, se
vuoi, ideologia), gli eccessivi personalismi e la concentrazione del potere nelle
mani di un segretario
(Bertinotti), ne hanno determinato la rovina.
IDV: non avrebbe senso pensare
a questa formazione senza Di Pietro, che del resto ha in più occasioni affermato
che una volta raggiunto lo scopo per cui fu fondato IDV (riportare l'uguaglianza
di ogni persona di fronte alla giustizia), questo potrebbe
confluire in altri partiti. E' evidente, però, che una volta messa in piedi una
struttura complessa come quella di una forza politica nazionale, questa
tenderebbe ad autoconservarsi, al di là del punto di vista del suo "capo" più o
meno carismatico.
Lega Nord: alle sue origini ci sarebbe la condivisione di
"valori" non troppo "nobili", diffusi e propagandati in particolare nel
Veneto prima (ancora negli anni '70!) e poi in Lombardia. L'adesione a questo
movimento di strati sociali molto lontani tra loro, se da un lato lo rende
numericamente più consistente, ne costituisce anche il punto debole: solo con
l'inganno si possono tenere assieme elementi con posizioni agli antipodi
rispetto a economia e società; il razzismo tuttavia essendo sentimento diffuso, funge da
denominatore comune e cemento per una base che altrimenti si sgretolerebbe in
fretta; inoltre tale fattore unificante deve essere continuamente
riattivato ed accentuato per mantenere la sua efficacia: all'inizio era nei
confronti dei "meridionali", quindi verso albanesi e rumeni, attualmente contro
i musulmani, in prospettiva ... chissà, coi marziani!.
Il più recente tra i
movimenti, che sembra in rapida crescita specie tra i giovani (delusi
soprattutto per la mancanza di lavoro), è il 5 Stelle, fondato dal comico B.
Grillo (povera Italia: da un politico-comico a un comico-politico!). 5
Stelle adotta
come capisaldi principi e posizioni già presenti, in misura più o meno
marcata, all'interno di
tutte le forze politiche: allontanamento dei corrotti, durata non illimitata dei mandati
parlamentari (via le tante cariatidi!) e degli incarichi amministrativi, riduzione degli stipendi di politici e
manager pubblici... (questi elementi dovrebbero essere nel regolamento di ogni
partito che si rispetti). Giudica negativamente tutte le altre forze politiche e si
dichiara lontano da esse e incompatibile con tutte,
recitando la formuletta magica e profondamente falsa del "sono tutti uguali":
non sono uguali le varie forze politiche, non sono uguali nemmeno le posizioni
degli
appartenenti a un medesimo partito; inoltre, generalizzando il ragionamento, gli
altri possono a ragione dire: "se sono tutti uguali,
allora anche voi siete uguali". Agendo così 5Stelle provoca la dispersione di
valide e giovani forze rinnovatrici, che potrebbero portare le loro idee dentro
partiti e movimenti esistenti provocandone un positivo rinnovamento, oppure
tendere alla creazione di una forza saldamente ancorata sempre ai propri
capisaldi, ma pronta e disponibile a confrontarsi ed eventualmente collaborare
con altri che condividano posizioni analoghe: l'antipolitica fine a
se stessa finisce per ottenere il risultato di voler "cambiare
tutto, per non cambiare nulla".