IL GIRO DEL TORRENTE BIOTìS

Lunga e facile escursione, percorre i fianchi della valle del torrente Biotìs, aggirando a Sud il luogo di convergenza del ventaglio di valloni che scendono dall'arco Tomatico-Sassumà (salita al Monte Sassumà da Porcen su YouTube: https://youtu.be/CsvSoWXR2cY) e danno origine al torrente stesso. Se si eccettua un breve tratto nei pressi del Calierόn, la zona in cui concorrono le valli, tutto il percorso si svolge su strade camionabili o almeno percorribili con trattore: può quindi  essere effettuato anche con bicicletta da montagna, che solo nella parte con traccia di sentiero (duecento metri) potrà essere condotta a mano senza grandi difficoltà, dato che la pendenza del terreno non è eccessiva e il sentiero non è esposto.
Il torrente Biotìs fluisce da Sud a Nord e alimenta lo Stizzόn in cui si immette a nord di Rasai; raccoglie l'acqua del bacino compreso tra il M. Tomatico e il M. Sassumà. Per un tratto, all'altezza di Rasai, il torrente è "pensile".
Grado d'impegno richiesto per l'escursione: In assenza di neve o ghiaccio sono consigliate calzature solide ma leggere anziché robusti scarponi, in particolare nei mesi più caldi; evitare il percorso nei periodi immediatamente successivi a violente piogge torrenziali, per la possibile presenza di detriti o smottamenti in corrispondenza dei valloni.
Lasciata la (eventuale) vettura nel parcheggio presso il restaurato "casèl de Porfhén", si sale verso il centro e si raggiunge il "Piafhòl", piazzetta risultante dall'incrocio con la comunale Rasai - Porcén; si attraversa e si prosegue in salita sul tratto occidentale del "giro dela Vila", ricongiungendosi dopo un centinaio di metri col ramo principale. Quasi in cima al paese, su uno slargo che consente l'accesso a due vie e all'ultimo cortile dei Pàuli, si prende a sinistra la strada che porta sui monti di Porcen. Poco più in alto si oltrepassa l'ultima gronàda di case storiche; a destra una nuova costruzione, segno che nonostante tutto la vita del paese continuerà. Attraversiamo i prati detti Pradèi, mentre la strada asfaltata diventa assai ripida, raggiungendo pendenze vicine al 20%.
Questa strada, con fondo in asfalto fino oltre i 1300 metri, è ben conosciuta dagli appassionati della mountain bike, che partono anche da lontane regioni per venire ad affrontarla. E' una strada consorziale, costruita col contributo di enti pubblici e dei proprietari dei boschi sul monte, in prevalenza di Porcen. Dopo lo scioglimento della neve i paesani si organizzano per il lavoro di ripulitura e riparazione dei danni arrecati dalle piogge torrenziali dell'autunno e dalle valanghe. Percorrendola stamane -30 giugno '13- ho pensato che una struttura così ben curata non ha nulla da invidiare a quelle di rinomate regioni vicine,  che raggiungono risultati analoghi con costi infinitamente superiori.
La pendenza si attenua quando lasciamo a sinistra un grazioso villino ricavato dalla ristrutturazione di una casèra, a destra altra casèra. Poco più avanti Le Fontanèle (percorsi 860m, quota 460m), ove sgorga sorgente con acqua assai fresca che alimentava la grande fontana fino ai primi anni '60 (era in paese, nell'intersezione dei due rami del "giro dela Vila"). Si comincia a entrare nel bosco di carpini, e la strada si porta sulle prime propaggini del Tomatico; si affronta un tornante, lasciando a destra la vecchia mulattiera "Strada Bassa" ancora intatta. La pendenza si attenua, e anche un ciclista scarso come me riesce ad avanzare in sella alla bicicletta, spinta invece dalla fine del paese fin qui. La pendenza torna a crescere poco prima di altro tornante, posto in località Carapàut. Siamo a 540m e ne abbiamo percorsi 1.400; lasciamo sulla sinistra la presa dell'acqua del "Boràl de Tèla", che in occasione di piogge torrenziali alimenta la Val de Sir, e arriviamo a uno slargo da cui ha inizio il sentiero CAI 841, parte della "Alta via degli eroi". Qui la via torna meno ripida per qualche centinaio di metri, fino sul costone che scende dal M. Tèla. Su questa costa, detta anche "Costa dele Boschéte", notiamo la presenza, alquanto strana data la posizione, di un vallone. Se osserviamo attentamente la roccia, notiamo che a valle della frattura gli strati di biancone, nonostante la tipica fragilità della roccia, sono "sani" e privi di erosioni; a monte abbiamo invece dei calcari marnosi che si disintegrano facilmente: quel presunto vallone è una faglia ben evidente anche in superficie, punto di contatto fra due diversi tipi di roccia. L'intersezione della strada con la faglia è a 570m, la distanza percorsa 1.780m. Proseguiamo, e notiamo un lungo rettilineo, la cui pendenza, già consistente nel tratto iniziale, si fa dura verso la fine: oltre 20%. In corrispondenza di uno slargo la camionabile torna sul percorso della vecchia mulattiera, non più visibile perché ricoperta dai massi ricavati nello sbancamento. Si arriva così al bivio con una strada in terra battuta (distanza 2.200m; altitudine 650m). Fin qui abbiamo ammirato, anche sulle scarpate della strada, soprattutto su quella rocciosa a monte, fioriture di Geranio sanguineo, del profumatissimo Garofanino, dei Raponzoli, e nelle parti meno esposte al sole molte piante di Angelica. L'invadente Vitalba ha conquistato una zona cespugliosa a monte dello slargo che segue il "muro" del Tàoro, nel tratto finale di strada asfaltata. In questa zona si nota anche la presenza di slavàfhe (Petasites hybridus), tipiche di zone umide; infatti qui, prima della apertura della strada consorziale, c'era la fossa de Fhirèl, alimentata da piccole vene d'acqua portata in superficie dagli strati compatti di argilla.
Si prende la deviazione a destra, sulla strada delle Mόlfhene, scendendo lievemente: salvo un breve tratto in contropendenza prima e dopo la baita in Mόlfhena, ora la via sarà tutta in discesa fino a Rasai. I recenti scavi con  spostamento di terreno per aprire la strada evidenziano la natura morenica della zona: sulle scarpate ancora nude a monte si notano ciottoli di porfido, granito e altre pietre portate fin qui dai ghiacciai che scendevano dalle valli di Vanoi e Cismon. Si attraversa il profondo vallone della Val de Pont e si sale poi dolcemente, su terreno argilloso e stillicidioso, al piccolo prato con baita recuperata e risistemata; un tempo il prato era molto più ampio. Vicino alla casèra un imponente frassino e aceri di monte, e alcune alte bianche betulle. La vegetazione, soprattutto in corrispondenza delle zone più umide, è quella tipica delle forre: frassino, acero di monte, tiglio. Sono ancora presenti anche alcuni castagni e qualche esemplare di secolare moronèr: in Mόlfhena siamo a una quota di 640m,  e abbiamo percorso una distanza di 3.020 metri. Il canto meravigliosamente malinconico di un tordo bottaccio accompagna il cammino per qualche centinaio di metri. In lieve contropendenza si percorre un ultimo tratto di strada sterrata; questa termina a 645m di quota, quando si sono percorsi 3.200 metri. Si inizia la discesa verso il Calierόn su sentiero, passando dietro un imponente peccio. Il sentiero (solo 200 m), è evidente, e qualcuno ha avuto l'ottima idea di collocare degli ometti a segnare il percorso, evitando così l'inquinante vernice. Sicuramente un ciclista esperto riesce a percorrere in sella anche questo tratto; non ho corso alcun rischio e senza difficoltà ho condotto per mano la  bici fino al torrente (600m; distanza 3400m). La pista che attraversa il Biotìs, cancellata nel novembre 2012 da una piena, è stata risistemata per consentire il passaggio di piccoli trattori che portano a Rasai la legna raccolta dai proprietari dei boschi, nella parte delle Mόlfhene adiacente il Calierόn.


Il guado sul torrente può essere considerato la parte terminale della "Strada de Valorna", che fino agli anni '70 è stata l'unica via attraverso la quale camion e trattori trasportavano a valle il legname, "da fuoco" o "da lavoro", di tutto il bacino del Biotìs. Le funi a sbalzo collegavano i boschi  di Rasai (versante Ovest) e Porcen (versante Est) a un modesto rilievo tutto trapuntato di robusti pali piantati in profondità: ad essi veniva fissato il capo terminale della fune, che con tecniche particolari veniva poi sollevata e tesa. Sui fili a sbalzo si facevano scendere i bòtt, pezzi di tronco (in prevalenza faggio) lunghi circa un metro: dimensioni e pesi maggiori avrebbero creato grossi problemi al punto d'arrivo, con gli effetti devastanti dell'energia cinetica; a protezione dei pali di fissaggio e per attutire l'urto venivano posti grandi vecchi copertoni di camion e trattori. Quando il carico arrivava ad alta velocità e impattava, il gran botto si diffondeva e rifletteva sui contrafforti dei valloni, e così anche da lontano si sentiva il rumoreggiare continuo dei carichi che sbattevano. In due occasioni (verso fine anni '50 e inizio anni '70) fu installata una funivia con grossa fune portante e fune traente; con questo sistema venivano fatti scendere fino al Cargadόr de Valorna, e qui caricati sui camion, i grossi tronchi di peccio della lunghezza desiderata per ricavarne travi e tavole. Punti di partenza delle due funivie erano la Val de Garé (a 1200m, la prima) e Val di Fherbotana  (a 1100m, la più recente). La "Strada de Valorna" fu tracciata al tempo della prima guerra "mondiale" dagli asburgici, e per lo sbancamento furono utilizzati i prigionieri di guerra; lo scopo era far arrivare pesanti pezzi d'artiglieria in quota rimanendo protetti dall'artiglieria italiana grazie al contrafforte di Sassumà, per colpire sul fianco le truppe italiane impegnate sul Grappa. La guerra finì prima, e gli abitanti di Rasai prolungarono la strada verso il  Calierόn, abbandonando i tratti in salita che sono quasi scomparsi.
Traversato il torrente si prosegue in lieve discesa sulla stradina immersa nel rado bosco misto con faggi, pecci, noccioli; in breve si arriva al Cargadόr (580m, percorsi 3.800m) zona in cui arrivavano i fili a sbalzo: su un rilievo a destra sono ancora presenti i copertoni che attutivano gli urti. Una breve rampa e si scende ad attraversare una valle spesso ricca d'acqua e di verdi alghe: il vallone che scende dai dirupati Lèip. Poco più avanti un incrocio: dalla strada di Valorna si staccano, entrambe a monte, quella che porta al prato dei Prenot (a sinistra) e quella che sale a Costa Campiόn. Si prosegue sempre in lieve discesa, che si accentua nell'attraversamento di un profondo vallone con forra e briglia di sostegno della via. A monte il caos di massi fa pensare a grandi quantità d'acqua in occasione di piogge intense; questo può apparire strano, poiché il bacino del vallone è piccolo, tuttavia è possibile che in esso confluiscano, in profondità, le acque emunte dal bacino della valle che sale da Stroppaden, nel versante tra Rasai e Seren.  Ritengo utile raccomandare, a chi effettua il percorso con la bicicletta, di tenersi lontano dal bordo prossimo alla scarpata, a tratti profonda e precipite; le pietre sulla strada possono provocare improvvisi scarti e, se si è prossimi all'orlo, in un attimo si finisce...molto male!  Dopo aver percorso 4.300m, a 550m di quota, si arriva a un tornante; si percorre un breve tratto entro un bel bosco e si torna a girare: le "olte de Tèita" (curve di Taita) sono l'unico tornante della "Strada de Valorna", dopo la parte iniziale vicina a Rasai. Sulla destra si stacca una strada che conduce alla casèra dei Bìn, circondata da prati fino a trent'anni fa: oggi troviamo boscaglia e cespugli. Si continua ormai molto alti sul torrente; sulle rocce a monte numerose rosette di Saxifraga crustata. La strada, quasi pianeggiante, è immersa nel bosco di carpino. Si svolta sul costone di Fhorlìn quando  siamo sopra la forra delle Mole; sulla collina morenica di fronte, oltre il Biotìs, si intravede, tra i rami dei carpini, la bella casa dei Costesèle. Abbiamo percorso 5.120 metri, siamo a quota 475m. Da questo punto la vegetazione è caratterizzata, sia a monte che a valle della strada, da castagneti con maestosi vecchi moronèr, ben curati per i preziosi marroni che producono. 
La strada continua per un breve tratto  pianeggiante o in lievissima discesa, mentre nel fondo stradale comincia il selciato (codolà), realizzato anche con pietre rotonde, un vero supplizio per schiena e fondoschiena dei ciclisti. Anche la pendenza cresce; si arriva a un incrocio (località Le Bòe; quota 450m, distanza percorsa 5.760m). A sinistra una strada recentemente aperta sale brevemente sul M. Fhorlìn nella zona dei castagni, mentre quella pianeggiante porta a Serén attraverso I Còi de Bonàn. La discesa continua sul duro selciato, fino a un punto in cui la vista si apre su un bel prato con casa, su parte di Rasai e della piana di Fonzaso. Subito dopo una curva del tornante di Cavalèa, seguita dopo poco più di cento metri dalla seconda. Qui siamo a quota 395m, abbiamo percorso 6.460 metri. Sulla destra (per chi come me vien giù), dalla curva un sentiero porta a costeggiare il torrente, ed entra nella forra delle Mole, ove  supera le due "serre" che la sbarrano con un tratto rischioso e risale alla Strada de Valorna nel punto che abbiamo descritto (sopra Le Mole; quota 475m. Video Mole su YouTube: https://youtu.be/gdP6Us2XjfI).  Nella zona, ora boscosa, sopra la curva, era visibile (fino a pochi anni fa c'era prato) un monumento eretto a ricordare le gesta di Italo Balbo e degli "arditi" scesi con lui dal Grappa dopo la rotta dell'esercito imperiale asburgico, ed entrati per primi a Rasai passando di qua. Balbo sarebbe poi diventato uno dei più duri gerarchi dell'era fascista.
La strada ora continua a scendere verso il paese tra prati curati, aziende di raccolta legname, allevamenti e recinti con cavalli; finisce anche la terra battuta e il codolà; si prosegue dritto nella direzione del campanile di Rasai, giungendo così di fronte ad una abitazione con affresco sulla parete; qui va posto l'inizio della "Strada de Valorna": siamo nel paese di Rasai, a 335 metri sul livello del mare, e abbiamo percorso 7.170 metri. Si continua a destra, evitando il centro del paese, su strada in lieve salita che passa davanti al cimitero; nei pressi di questo è anche un parcheggio, ove potrebbe essere lasciata la vettura da chi lo scegliesse come punto di partenza e arrivo della traversata.
Su strada pianeggiante si torna a costeggiare il torrente Biotìs, per attraversarlo sul "Pont de Resèi" (quota: 334m; distanza percorsa: 7.900 metri). Dal ponte si nota come in questo tratto il Biotìs sia un torrente pensile, "sospeso" sia nella direzione di Rasai che di Feltre. Passato il ponte si prende a destra la strada per Porcen, lasciandola alla prima curva per quella secondaria che porta verso Bàutole. Si continua lasciando a destra "el stalόn", i capannoni della grande stalla, ex cooperativa agricola "Monte Grappa". La stradina, chiamata "Via Sόla", fino ai primi anni del '900 era l'unica a congiungere Porcen a Rasai, e costringeva al guado del torrente; recentemente è stato realizzato l'argine, e su di esso il tratto di strada che la congiunge alla comunale per Porcen. In cima alla "Via Sόla", dopo un tratto piuttosto ripido, si incrocia la via che porta al vicino nucleo di Bàutole: abbiamo percorso 8.380 metri, la quota è 360m. Si prosegue a sinistra, in lieve pendenza, verso Porcen, fino a intersecare la strada comunale nei pressi della casa che fu di Bèpi Jùsche, esperto carpentiere e grande artista nella lavorazione del legno. Si entra nel paese e dopo aver costeggiato una lunga schiera di case con caratteristica "lòbia", si arriva al "Piafhòl" e si scende al Casèl. Abbiamo percorso 9.200 metri.



E' importante, soprattutto per chi affronta il giro con la mountain bike, la scelta del verso di percorrenza. Nel senso qui descritto, si incontra un primo tratto molto ripido su strada asfaltata e poi si scende senza forti pendenze a Rasai, per risalire a Porcen senza difficoltà. Il profilo altimetrico del percorso può fornire utili indicazioni, e ciascuno deciderà sulla base delle proprie capacità e preferenze.

 

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